Il nostro Laboratorio effettua analisi chimiche e microbiologiche su tutti i tipi di cosmetici al fine di determinarne la composizione e/o l’assenza di sostanze non ammesse.
I cosmetici rappresentano una categoria di prodotti di largo consumo e di ampia diffusione; si tratta di prodotti che fanno parte della nostra vita quotidiana ed il cui impiego è legato a comportamenti abituali di cui non possiamo immaginare di fare a meno.
Per prodotti cosmetici si intendono quelle sostanze e quelle preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato.
In Italia la produzione e la vendita di prodotti cosmetici è disciplinata dalla Legge 11 Ottobre 1986, n. 713. La legge ha recepito la direttiva comunitaria 76/768/CEE, emanata al fine di rendere uniforme a livello europeo la disciplina relativa alla produzione e alla vendita dei cosmetici.
La legge 713/86 disciplina, in particolare, gli aspetti relativi alla composizione dei prodotti cosmetici; alla presentazione (intendendosi per presentazione l’etichettatura, il confezionamento ed ogni altra forma di rappresentazione esterna del prodotto) e agli adempimenti necessari per avviare la produzione e la vendita o procedere all’importazione di prodotti cosmetici.
La composizione dei cosmetici è un aspetto di fondamentale importanza che viene disciplinato con particolare attenzione ed è oggetto di continuo studio a livello comunitario. Già la Direttiva 76/768/CEE prevedeva appositi elenchi di sostanze non ammesse o ammesse con limitazioni nella composizione dei prodotti cosmetici. Gli elenchi sono continuamente aggiornati a seguito delle indicazioni dei comitati tecnici che a livello comunitario si occupano del settore.
La Legge 713/86 che riporta tali elenchi viene pertanto costantemente aggiornata in base alle direttive emanate dalla Commissione Europea.
Gli elenchi sono suddivisi in:
- Sostanze che non possono entrare nella composizione dei prodotti cosmetici;
- Sostanze il cui uso è vietato nei prodotti cosmetici salvo in determinati limiti e condizioni;
- Sostanze provvisoriamente autorizzate;
- Coloranti che possono essere contenuti nei prodotti cosmetici;
- Coloranti provvisoriamente autorizzati;
- Conservanti che possono essere contenuti nei prodotti cosmetici;
- Conservanti provvisoriamente autorizzati;
- Filtri UV ammessi il cui uso è autorizzato nei prodotti cosmetici;
- Filtri UV provvisoriamente ammessi.
Un prodotto cosmetico che abbia una composizione non conforme alle indicazioni di tali elenchi è irregolare e colui che lo produce o lo immette in commercio è soggetto alle sanzioni previste dalla Legge 713/86.
Elenco delle sostanze non ammesse o limitate
Prove su imballaggi in conformità ai criteri nazionale e internazionali
Le problematiche riguardanti i materiali e gli oggetti destinati al contatto con alimenti sono strettamente connesse con la tutela del consumatore dal punto di vista igienico-sanitario e con la garanzia di mantenimento delle caratteristiche organolettiche dell’alimento confezionato.
La valutazione dell’idoneità delle diverse tipologie di imballaggio (oggetti in materiale plastico, gomma, vetro, carta, acciaio, ecc.) è eseguita verificando la conformità di precisi parametri alle limitazioni imposte dalla legislazione vigente.
Particolare attenzione è rivolta all’evoluzione della situazione normativa internazionale: accanto ai progressi della legislazione nazionale e comunitaria si considerano criteri di valutazione fissati da enti come F.D.A. (Food and Drug Administration) e B.G.V.V. (Bundesinstitut Fur Gesundheitlichen Verbraucherschutz und Veterinarmedizin).
Prove su imballaggi in conformità al DM 21/03/73 e successivi aggiornamenti
La legislazione italiana che regola il settore degli imballaggi alimentari ha la sua genesi con la Legge 30/4/1962 n. 283, tuttavia la tappa fondamentale della normativa è l’emanazione del Decreto Ministeriale 21 marzo 1973. I numerosi aggiornamenti e modifiche del D.M. 21/03/73 procedono di pari passo con l’evoluzione delle disposizioni nazionali e comunitarie, stabilendo i criteri per la verifica dell’idoneità del packaging al contatto con gli alimenti.
Determinazione della migrazione globale
Prove di migrazione globale nei seguenti simulanti:
- Acqua distillata;
- Acido acetico 3% (p/v);
- Etanolo 10% (v/v);
- Olio d’oliva rettificato.
Condizioni di prova:
Temperatura (°C) e tempo (t) di contatto sono stabiliti dal D.M. 21.3.73, in relazione alle reali condizioni d’utilizzo del materiale ed in ogni caso scegliendo quelle di maggior severità.
Determinazione della migrazione specifica di monomeri e additivi che possono essere utilizzati nella fabbricazione di materiali ed oggetti in materia plastica. Le prove di migrazione specifica sono eseguite con le stesse modalità (simulanti – temperatura – tempo) previste per la migrazione globale, utilizzando le tecniche analitiche appropriate (GC-MS, HPLC, UV-VIS, ecc.).
Reg (CE) 1935/2004
Riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE
La produzione di vini di qualità richiede un costante monitoraggio del processo produttivo; solo in questo modo è possibile eseguire al momento opportuno le operazioni di cantina ed intervenire con le necessarie correzioni.
Dalla vendemmia al consumo il vino è un prodotto in costante cambiamento ed è necessario seguirne l’evoluzione nelle diverse fasi. In linea molto generale si possono identificare alcuni momenti critici nei quali è consigliabile l’esecuzione delle analisi:
- La vendemmia. Analizzando il mosto è possibile determinare il tenore zuccherino e quindi stimare il grado alcolico del futuro vino ed in caso di necessità intervenire aggiungendo mosti concentrati; già in questa fase si può verificare ed eventualmente correggere l’acidità fissa. Bisogna ricordare che quanto più precocemente vengono fatte le correzioni tanto migliore è il risultato finale;
- La svinatura. A questo punto è terminata la fermentazione tumultuosa e generalmente rimangono piccole quantità di zuccheri che verranno lentamente trasformate in alcol; anche se il vino non è ancora stabile è importante verificare il risultato della fermentazione: possono ancora essere necessarie correzioni e, pure in questo caso, un intervento precoce è più efficace;
- Controlli invernali e primaverili. Anche durante l’inverno il vino è soggetto a profondi cambiamenti (fermentazione malo-lattica, precipitazione di tartrati, ecc.) e possono iniziare gravi alterazioni (per esempio l’acescenza); in questo periodo è quindi ancora opportuno verificare analiticamente il prodotto.
Per tutte le bevande alcoliche riveste fondamentale importanza la valutazione del grado alcolico, oltre la ricerca di metalli pesanti e dello stirene.
I servizi offerti:
- Prelievo;
- Consulenza per autocontrollo;
- Analisi chimiche e microbiologiche:
Vini e bevande alcoliche
- Acido ascorbico (metodo iodometrico);
- Acido malico (metodo enzimatico);
- Acido succinico;
- Acido tartarico (metodo enzimatico);
- Acido lattico (metodo enzimatico);
- Acido citrico (metodo enzimatico);
- Acido borico;
- Anidride carbonica;
- Antociani;
- Alcool (grado alcoolico per distillazione);
- Acidità totale;
- Acidità volatile (al netto di SO2);
- Alcalinità delle ceneri;
- Anidride solforosa libera;
- Anidride solforosa totale;
- Azotidrato o sodio azite;
- Azoto totale;
- Azoto amminico (numero di formolo);
- Antifermentativi (prova di fermentazione);
- Alcool metilico (gasromatografia);
- Alcool superiore (gasromatografia);
- Aldeidi;
- Bromo organico e totale;
- Iodio totale;
- Calcio;
- Caratteri organolettici;
- Catechina;
- Ceneri;
- Cloruri (Lim. Saldatura);
- Coloranti (Ricerca – Arata)
- Coloranti (S.S.S.) (compresi gli standard);
- Densità a 20°C;
- Determinazione del pH;
- Estratto secco netto (densità + grado alcoolico);
- Estratto secco netto (metodo diretto);
- Esteri;
- Esame microscopico;
- Feccia per centrifuga;
- Feccia per pesata;
- Alfa di ionizzazione;
- Glicol Dietilenico;
- Alcool complessivo;
- Ferrocianuro;
- Furfurolo;
- Fruttosio (metodo enzimatico);
- Glicerina;
- Glucosio (metodo enzimatico);
- Magnesio;
- Manganese;
- Mannitolo (gascromatografia);
- Nitrati;
- Prolina;
- Polifenoli;
- Potassio;
- Prova di filtrazione su membrana;
- Rame;
- Sodio;
- Sorbitolo (gascromatografia);
- Stirene;
- Solfati;
- Saccarosio (metodo C.S.S.) (compreso lo standard);
- Zinco;
- Zuccheri riduttori (Feheling);
- Zuccheri riducenti e non totali;
- Viscosità;
- Cloruro di vinile;
- Alogeno derivati;
- Caramello;
- Analisi con trattamento (privato): alcool, acidità fissa, acidità volatile, SO2, pH;
- Analisi mosto (privato): alcool, acidità fissa, acidità volatile, SO2, pH;
- Lieviti;
- Batteri;
- Muffe.
Birra
- Acidità;
- Anidride solforosa;
- Acido ascorbico;
- Ceneri;
- Esame organolettico;
- Estratto secco;
- Esame microscopico;
- Grado alcoolico;
- Grado saccarimetrico;
- Peso specifico.
L’impiego dei grassi animali è limitato alla produzione delle margarine destinate all’industria pasticciera, mentre le margarine destinate al consumo domestico sono ottenute preferenzialmente da oli, da soli o in combinazione. Il contenuto di vitamina E varia a seconda degli oli usati.
Gli oli maggiormente utilizzati sono quelli di cocco, di palma, di mais, di girasole, di soia e di arachide, i quali vengono resi solidi o semisolidi attraverso l’idrogenazione. L’aggiunta di idrogeno trasforma i doppi legami che caratterizzano gli acidi grassi insaturi in legami semplici (presenti invece negli acidi grassi saturi) facendo solidificare l’olio. I grassi vengono quindi emulsionati con l’acqua, in modo da ottenere un prodotto stabile ed omogeneo.
Le margarine che si ottengono hanno quantità di materia grassa non inferiori all’80% e possono contenere, oltre a sale, additivi come emulsionanti, coloranti, aromatizzanti e antiossidanti.
L’idrogenazione degli oli trasforma alcuni acidi grassi insaturi in acidi grassi trans, che recenti studi hanno evidenziato che innalzano il livello di colesterolo e sono tra i responsabili di un maggior rischio di malattie cardiache.
Sono attualmente allo studio, e parzialmente già in uso tecnologie per ridurre nelle margarine il contenuto di questo tipo di acidi grassi. Alcune permettono di ottenere margarine ricche di polinsaturi e con quantità molto minori di grassi saturi e di acidi grassi trans degli altri tipi di margarina e del burro.
Inoltre, da qualche anno anche in Italia è possibile produrre e commercializzare margarine con un ridotto contenuto di grassi:
- Margarine leggere a ridotto tenore di grassi (60% – 62%);
- Margarine leggere a basso tenore di grassi (40% – 42%).
Per legge possono essere prodotte con miscele di grassi animali e vegetali diversi dal burro e dai grassi suini. Generalmente le margarine per uso domestico sono confezionate con ingredienti di origine vegetale, mentre quelle per uso industriale sono di origine mista.
In seguito alle recenti evoluzioni nel campo delle biotecnologie ed alla crescente attualità di vegetali modificati geneticamente (O.G.M.), si presenta la necessità di riconoscere quei prodotti di cui viene manipolato il DNA, cioè il codice genetico. Tali modificazioni sono apportate al fine di conferire alla pianta una serie di caratteristiche desiderabili es.: aumentarne la resistenza ai parassiti o ai pesticidi, migliorarne la conservabilità o le caratteristiche nutrizionali.
Attualmente in Italia è consentita solamente la commercializzazione di alimenti geneticamente modificati quali soia, mais, colza e loro derivati ma molti altri prodotti sono in via di studio. La legislazione vigente a livello europeo (Direttiva 90/220/CE e Regolamento CE n° 97/258) prevede che la presenza di OGM negli alimenti sia indicata in etichetta.
In risposta a queste esigenze il nostro Laboratorio ha sviluppato un metodo analitico per l’identificazione di DNA geneticamente modificato su matrici vegetali quali soia, mais, pomodoro, patate, arachidi, e sta approfondendo lo studio su molti altri prodotti in commercio.
Per ciascuno dei vegetali in analisi si è messo a punto un metodo specifico che permette di estrarre il DNA e, secondariamente, di verificare l’eventuale presenza di modificazioni genetiche nell’alimento. La tecnica utilizzata è quella della PCR (Polimerase Chain Reaction) che rende possibile l’amplificazione della sequenza di DNA modificata e la sua successiva rivelazione su gel di agarosio. La presenza di una banda amplificata a confronto con una banda transgenica positiva indica che il prodotto ha subito manipolazioni genetiche. Per la maggior parte delle matrici vegetali in commercio è possibile realizzare un test di screening generico sulla transgenicità, in più per alcuni vegetali quali soia, mais e pomodoro, si possono effettuare ricerche di specifiche sequenze modificate.
Si possono perciò analizzare diversi tipi di alimenti tenendo presente che l’analisi è sempre possibile sul vegetale così com’è, mentre sul prodotto lavorato è possibile solo nel caso in cui il processo di trasformazione non abbia irrimediabilmente degradato il DNA genomico.